F1 | Juan Pablo Montoya: Mister Versatilità

Ciao Top Driver!

Oggi ti parleremo del pilota che ha stregato il motorsport nel Nuovo Millennio per la sua incredibile versatilità, Juan Pablo Montoya.

Versatile, affamato, straordinariamente capace di adattarsi alle vetture, ma anche e soprattutto un manico eccezionale.

E Michael Schumacher ne sa qualcosa, dato che Montoya, nonostante avesse tra le mani monoposto nettamente inferiori, lo ha sempre sfidato senza timori reverenziali.

Un pilota che dopo aver conquistato l’America e Sir Frank Williams, ha fatto impazzire il mondo intero.

Questo è Juan Pablo Montoya, il colombiano capace di vincere in qualunque categoria abbia messo piede. E’ vero, è mancato solo il titolo iridato in Formula 1, ma contro le astronavi costruite a Maranello in quegli anni c’era ben poco da fare.

Lui, però, ci ha sempre provato a vincere quel titolo, andando paurosamente oltre i limiti di una Williams che non era per niente una vettura da titolo iridato.

Montoya, da solo, non poteva sconfiggere quel binomio inarrestabile Schumacher-Ferrari, ma è stato capace di non finire “nell’ombra” nonostante SOLI sette successi in Formula 1.

Vittorie che non sono assolutamente le uniche di una carriera tra le più belle da raccontare, caro Top Driver.

Gli inizi: il motorsport nel sangue

Juan Pablo Montoya nasce a Bogotà, capitale della Colombia, il 20 Settembre 1975 da una famiglia che ha il motorsport nel sangue.

Suo padre, architetto, era anche un grandissimo appassionato di motori, mentre suo zio è stato protagonista negli anni 80 con le estreme Gruppo C del mondiale Sportprototipi (quello che oggi è il WEC), all’epoca le vetture più veloci al mondo.

Ovviamente, Montoya non è l’eccezione alla regola e sale nel suo primo kart all’età di sei anni.

Passano 10 anni e Montoya è ormai in monoposto, capace di vincere in maniera schiacciante in tutte le categorie che affronta.

Il talento cristallino di Montoya sta prendendo sempre più forma, perciò viene notato in Europa, dove conquista il titolo di campione della Formula 3000 nel 1998 (l’equivalente della Formula 2 di oggi).

Quell’anno il suo rivale è stato Nick Heidfeld, un altro bel pilota che non ha mai avuto una chance con un top team in Formula 1.

Sette punti hanno separato Montoya ed Heidfeld, dimostrazione della grande forza mentale del colombiano, che ha fatto la differenza nell’ultima parte del campionato.

In fondo, nelle corse, conta la mentalità vincente, no?

Dopo aver ricevuto una sonora lezione, Heidfeld vincerà comunque il titolo in Formula 3000 nel 1999, ma Montoya dov’era?

Montoya è stato notato da Sir Frank Williams, che lo assume come collaudatore. Non prima di aver chiamato un vecchio amico…

1999-2000: la conquista dell’America.

Esatto, Top Driver. Juan Pablo Montoya si trasferisce in America, in Formula CART.

Le vetture più estreme e veloci del pianeta, in quegli anni, non erano le vetture di Formula 1, ma le monoposto di Formula CART.

Veri e propri capolavori ingegneristici spinti da motori turbo V8 che superano i 900 cavalli e che potevano superare i 390 km/h. Immaginati, Top Driver, la spaventosa potenza sprigionata dal motore in fase di trazione…

Vetture, tra l’altro, molto avanzate dal punto di vista aerodinamico, avendo la possibilità di sfruttare l’effetto suolo.

In curva, ad esempio, su un ovale con elevati banking, si superano tranquillamente i 5G laterali, per cui il collo è estremamente sollecitato.

E guidarle per gare più lunghe rispetto a quelle viste in Formula 1, dimostra l’incredibile preparazione fisica che dovevano avere i piloti CART.

Queste sono alcune delle caratteristiche delle monoposto più difficili del pianeta in quegli anni in cui la serie americana radunava quasi più spettatori della stessa Formula 1.

Ecco la grandissima sfida di Juan Pablo Montoya, che viene subito ingaggiato dal Chip Ganassi Racing, uno dei team più vincenti della storia delle corse USA. Ecco quindi, il vecchio amico che Williams aveva chiamato: Chip Ganassi.

Crediamo che chiunque, abbia visto una volta nella sua vita questa livrea leggendaria, che è presente nell’immaginario collettivo di tutti gli appassionati di motori.

Siamo nel clou dal punto di vista ingegneristico per il campionato, che vede la presenza di vere e proprie leggende che hanno guidato questa monoposto per un’intera carriera.

E ragazzi che diventeranno leggende delle monoposto a stelle e strisce come Helio Castroneves e Tony Kanaan, che hanno praticamente la stessa età del Juancho.

Montoya, però, ha una FAME impressionante.

Sette vittorie in 20 gare, Juan Pablo è incredibilmente campione alla prima stagione!

A soli 24 anni, alla prima stagione in America, ha fatto ciò che nessuno si sarebbe mai immaginato.

Una mentalità e capacità di adattamento impressionante per un ragazzino che ha sconfitto i più grandi veterani della serie come Michael Andretti.

Montoya ha, però, anche una spaventosa velocità pura, come dimostra il successo sull’ovale di Nazareth dove, nonostante le tante bandiere gialle, ha vinto con un vantaggio di cinque secondi che, su una pista così corta, equivale a 30 secondi su un normale circuito.

Il suo grande rivale per il titolo è stato lo scozzese Dario Franchitti, che è stato battuto dal colombiano per un’inezia.

I due, infatti, hanno concluso il campionato a pari punti, ma Montoya si è laureato campione per il maggior numero di successi.

Un titolo iridato che, però, non è stato festeggiato come si deve, a causa dell’incidente mortale del talento canadese Greg Moore all’ultima gara della stagione sull’ovale di Fontana, quando il discorso iridato era più aperto che mai.

La fame di Montoya, però, non è terminata.

Il 2000 è l’anno del successo alla 500 Miglia di Indianapolis, da rookie.

Il colombiano ha dominato la gara più famosa al mondo restando in testa per 167 giri su 200, quasi un record assoluto nel catino dell’Indiana.

L’uragano Montoya è inarrestabile e dal 2001, punta a colpire il resto del mondo, sebbene debba affrontare l’invincibile binomio Ferrari-Schumacher.

2001-2006: El Gringo alla conquista del mondo

Raccontare in maniera abbastanza dettagliati i successi oltreoceano di Montoya ci permettono di capire meglio quanto il ragazzo sia in gamba.

Sir Frank Williams, dopo averlo notato in Formula 3000 e raccomandato a Chip Ganassi, lo assume a tempo pieno dal 2001 in Formula 1.

La Williams, dopo aver annientato la concorrenza nella metà degli anni ’90, cerca di risalire le classifiche dopo la debacle degli ultimi anni dovuta alla partenza direzione McLaren di Adrian Newey, il genio che ha reso leggendarie le vetture sponsorizzate da Rothmans.

E quindi, dopo aver firmato una gigantesca partnership con BMW, mette sotto contratto anche El Gringo Montoya. L’obiettivo è vincere.

Montoya potrebbe ripercorrere la storia di Jacques Villeneuve, che dopo aver conquistato l’America vincendo CART e Indy 500 nel 1995, si è laureato campione in Formula 1 nel 1997 con l’ultima invincibile Williams di Newey.

Ma farlo con la terza forza in griglia nel 2001, è praticamente impossibile. Montoya, però, ci prova, dando tutto se stesso.

Prima gara, Melbourne. Montoya parte undicesimo, finisce fuori pista, ma rimonta in maniera brillante anche grazie ad una grande strategia sino ad occupare il terzo posto per poi ritirarsi per un problema al motore.

Ma è al terzo GP della sua vita in Formula 1, a Interlagos, che Montoya sale realmente in cattedra. Supera in curva 1 con una manovra da cineteca Michael Schumacher e balza al comando della gara.

Domina sino al 39° giro quando una manovra folle di Jos Verstappen (il padre di Max), doppiato, lo costringe al ritiro alla Descida do Lago.

La sfortuna perseguita il colombiano, ma ormai tutti si sono innamorati della sua velocità e della sua tenacia.

Dopo quattro ritiri in quattro gare, finalmente arriva un po’ di fortuna per il colombiano che conquista il suo primo secondo posto in F1 a Barcellona, sfruttando anche il ritiro all’ultimo giro di Mika Hakkinen.

Purtroppo, nelle tre gare successive, arriveranno altri tre ritiri per Montoya. Questa volta per altrettanti (rarissimi) errori, che dimostrano come anche i più forti possano sbagliare.

Serviva una scossa, che solo un pilota con una così grande forza mentale poteva dare. E arriva al Nurburgring, dove conclude solo alle spalle di Michael Schumacher.

Sono le prove generali in vista del suo primo successo in F1, che arriva a Monza, tenendo a bada la Ferrari vestita a lutto del Kaiser con grande tenacia.

Proprio come nel 1999, Montoya non può festeggiare. Cinque giorni prima l’attentato alle Torri Gemelle aveva sconvolto il mondo, per cui i festeggiamenti con lo champagne erano stati banditi.

Dopo un anno molto difficile, in cui la velocità non è mancata, Montoya è pronto per fare lo step successivo nel 2002. E’ ormai l’avversario più temuto da Michael Schumacher e dalla Ferrari.

La Rossa risponderà con una monoposto inarrestabile (a partire da Interlagos), la F2002, che vincerà tutte le gare della stagione tranne Monaco.

Se non c’è a fine gara una doppietta Ferrari, è 1-2 Schumacher-Montoya.

Al primo GP della stagione, a Melbourne, Montoya fa di tutto per fermare la corsa di Schumi, ma la superiorità nel passo gara della vecchia F2001 è qualcosa di incredibile. Deve arrendersi dopo una bellissima lotta.

In Malesia, Juancho viene coinvolto in un incidente al via con Michael. Nonostante fosse finito fuori pista e sanzionato ingiustamente come detto proprio dallo stesso Kaiser, Montoya si rende autore di una rimonta epica chiudendo secondo solo alle spalle del suo compagno di squadra Ralf Schumacher.

La rivalità Schumacher-Montoya infuria anche in Brasile, dove dopo aver rotto l’ala a seguito dell’ennesimo contatto tra i due, il colombiano rimonta sino alla quinta piazza.

Nuovo episodio a Silverstone, quando soltanto la pioggia e un errore del muretto Williams ha fermato Montoya da un probabile successo.

Successo che poteva arrivare a Magny-Cours, ma la FW24 del colombiano non tratta molto bene le gomme Michelin.

Montoya chiude terzo in campionato, subito dietro al duo Ferrari. Montoya in questa stagione conquista ben sette pole position, ma nessun successo a dimostrazione che la FW24 era solo una vettura da qualifica.

Se Montoya avesse avuto una monoposto competitiva anche in gara come la F2002, avrebbe potuto lottare ad armi pari con il Kaiser. Quest’annata l’ha dimostrato.

Il 2003 si rivela il migliore anno di Montoya in F1, complice una Williams FW25 che ha risolto le problematiche di gestione gomme in gara.

E’ anche l’anno in cui risale in cattedra la McLaren, con un giovane Kimi Raikkonen al suo terzo anno in F1. Sia Juancho che Iceman hanno intenzione di rompere l’egemonia del Kaiser.

Dopo un avvio di stagione sottotono, Montoya fa la voce grossa a Montecarlo, conquistando una storica vittoria con grande freddezza, non cedendo mai alla pressione di Raikkonen.

A seguito del successo ottenuto a Monaco, Montoya inizia a vedere sempre più vicino l’obiettivo Triple Crown, vale a dire vincere alla Indy500, a Montecarlo e alla 24h di Le Mans. In tutta la storia del motorsport, solo Graham Hill ci era riuscito (al 2003).

La vittoria monegasca sarà anche il vero turbo di Montoya per il prosieguo della stagione, dato che non scenderà mai dal podio per altre otto gare, vincendo anche in casa di Schumacher ad Hockenheim.

La rivalità tra Juancho e il Kaiser è più accesa che mai come dimostra il contatto tra i due al Nurburgring che ha costretto Michael al ritiro. Il colombiano ha ormai affilato il coltello contro il binomio perfetto e vuole compiere l’ennesima grande impresa della sua vita.

Dopo Monza, gara vinta magistralmente da Michael proprio contro Juancho, la classifica li separa per soli tre punti. Mancano solo due gare: Indianapolis e Suzuka.

Sarà proprio ad Indianapolis che Montoya dirà addio alle chance di titolo a causa di una gara parecchio complicata: prima un incidente al via per il quale sarà anche penalizzato, poi problemi durante il rifornimento. Michael vince, mentre Juan è sesto e viene scavalcato in classifica anche da Kimi Raikkonen.

Chiude il 2003 con un boccone amarissimo, essendosi ritirato a Suzuka per problemi al motore mentre si trovava saldamente in testa alla corsa. Nel frattempo, Schumacher è campione per la sesta volta.

Nello stesso anno, Montoya, si fa immortalare così:

Tra pochissimo, caro Top Driver, vedrai come questo scatto sia particolarmente importante per la carriera di Juancho.

Il 2004, invece, si rivela difficile. La Williams con il muso a tricheco è poco competitiva, e il colombiano oltre al successo ad Interlagos, una delle sue piste preferite, non riesce a fare granché.

Nel 2005 Montoya passa alla McLaren, con Kimi Raikkonen come compagno di squadra. Un dream team pronto a far sognare Woking.

Il suo inizio di stagione però, si rivela il peggiore di sempre a causa di un infortunio durante una partitella di tennis, che gli fa perdere due gare e forma fisica.

A causa di ciò Montoya, alla decima gara su 17, è undicesimo e ormai fuori dalla lotta iridata, contesa tra un inarrestabile Kimi e Fernando Alonso.

Montoya, però, non si dà per vinto e conquista un bottino di punti impressionante nella seconda parte di stagione, vincendo a Silverstone, Monza e Interlagos, la pista in cui Juancho è praticamente invincibile.

Anche in quest’annata, si è visto uno dei suoi cavalli di battaglia, il non darsi mai per vinto.

Ma questo è il suo canto del cigno in F1 dato che Montoya lascia il campionato a metà stagione per buttarsi in una dimensione completamente diversa.

Che NASCAR sia!

Ma prima di fare un cenno alla sua esperienza sugli ovali statunitensi, con vetture a ruote coperte incredibilmente pesanti, c’è da dire cosa ha lasciato un Top Driver come Juan Pablo Montoya in Formula 1.

  • Una straordinaria capacità di adattamento alla monoposto in qualunque condizione.
  • Il non avere timori o ansie pre-gara, una grande solidità mentale emergendo sempre dalle situazioni più difficili.
  • Una velocità pura sensazionale nel lap time. Non era da meno in gara, soprattutto in fase di gestione della corsa.
  • Il suo spirito guerriero, dato che ha osato sfidare la macchina perfetta Schumacher-Ferrari.

Tutto ciò lo fa uno dei piloti più forti e completi della storia della Formula 1 a non aver mai vinto il titolo iridato.

Insieme a Mika Hakkinen, Montoya è stato il più grande rivale di Michael Schumacher e chissà come sarebbe andata a finire se El Gringo avesse avuto una vettura un tantino più efficiente.

Montoya oggi:

Dopo aver lasciato la sua firma nella storia della massima categoria a ruote scoperte, Montoya dimostra la sua versatilità anche in NASCAR, sapendo subito come interpretare le dinamiche di un mondo totalmente differente dalla F1.

Proprio come 7 anni prima, guida per Chip Ganassi.

Trascorrerà ben otto anni in NASCAR Cup, vincendo due sole gare, ma dimostrando grande velocità ottenendo tante pole position.

Tra il 2007 e il 2014, Montoya andrà a vincere anche tre 24h di Daytona, dimostrandosi un vero e proprio martello pneumatico.

Si sa che le gare di durata sono vinte da chi è un Top Driver completo, proprio come Juan Pablo Montoya.

Non è finita qui, perché Montoya nel 2014 fa il suo esordio in Indycar (che ha unificato i campionati CART e IRL nel 2008), perdendo il titolo nel 2015 per un solo punto, ma portandosi a casa anche un’altra 500 Miglia di Indianapolis.

Come l’abbia fatto, però, è da raccontare.

Coinvolto in un incidente al via, Montoya si trova costretto a recuperare quasi 30 monoposto.

Con una velocità che ha ridicolizzato il resto del gruppo e una strategia pazzesca nonostante guidasse una vettura con un setup quasi compromesso, Montoya sul finale di gara si trova incredibilmente in testa, vincendo la corsa con autorità.

Se ti chiami Juan Pablo Montoya, ti puoi permettere di tutto, con l’infinito manico che hai.

Manico che gli permette di vincere la Race of Champions del 2017, il campionato endurance americano IMSA nel 2019 e…

la 24h di Le Mans nella categoria LMP2 Pro-Am un anno fa.

Triple Crown conquistata?

Lui dice di sì, e avrebbe ragione, ma…

…c’è chi afferma che Montoya debba vincere l’assoluta della 24h di Le Mans per conquistare l’ambitissimo riconoscimento, ma in molti lo sostengono perché basta vincere anche nella propria classe.

E’ certo, però, che Montoya è salito sul gradino più alto del podio sia a Indianapolis, sia a Monaco, che a Le Mans.

Ecco perché questo ragazzone di 45 anni, che ha ancora FAME di vittorie, è probabilmente il Top Driver più versatile mai visto nelle corse automobilistiche negli ultimi 20 anni.

Lui ha vinto praticamente tutto, con qualunque tipologia di vettura, dimostrando sempre lo stesso infinito manico.

Il Graham Hill, il Conquistador dei tempi moderni. Juan Pablo Montoya.

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A cura di Kevin Salerno

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